Completato a Brindisi il murale di Sasha Korban nel quartiere Paradiso: famiglia, speranza e comunità con PA.ST.A e ARCA Nord Salento
di Antonio Portolano
BRINDISI – Il murale di Sasha Korban nel quartiere Paradiso è finito. Diciotto metri d’altezza per otto di larghezza, nove giorni di lavoro al muro, quattro-cinque bozzetti studiati e condivisi prima di scegliere la versione definitiva. Sulla facciata, una famiglia che si abbraccia: un’immagine semplice e assoluta, capace di tenere insieme realismo e simbolo, tecnica e tenerezza. È una delle opere più riuscite dell’artista ucraino, ed è soprattutto la prova che il lavoro di PA.ST.A – Paradiso Street Art, di ARCA Nord Salento e del Collettivo ImmaginAbile non è solo rigenerazione urbana: è rigenerazione sociale, concreta, quotidiana.

Un’opera completata che cambia lo sguardo
Terminati i ponteggi, resta la visione: un abbraccio che sale verso il cielo e riporta a misura d’uomo una scala monumentale. Le figure non schiacciano, accolgono. La luce scivola sui volti, definisce i profili, rende vivo il respiro delle mani intrecciate. Il muro non è più un confine: è un varco emotivo. Chi passa rallenta; chi abita lì si riconosce; i bambini indicano la parete tornando da scuola. Il Paradiso, spesso raccontato per stereotipi, trova un racconto diverso: orgoglioso, nitido, condiviso.
Diciotto per otto: la misura della scena pubblica
Le dimensioni contano perché cambiano la percezione. Diciotto metri verticali dilatano il tempo dello sguardo; gli otto metri orizzontali accompagnano il passaggio di chi attraversa la strada. Korban orchestra il rapporto tra scala architettonica e intimità dell’immagine con una precisione rara: un fotorealismo caldo, mai freddo, che conserva il grano pittorico e lo impasta con una composizione limpida, quasi musicale. L’effetto è duplice: monumentale da lontano, confidenziale da vicino.

La famiglia come simbolo civile
Scegliere la famiglia oggi, in un quartiere che sta cambiando pelle, significa prendere posizione. Non è decorazione: è un patto pubblico. In quell’abbraccio c’è l’idea di protezione reciproca, la promessa di continuità, la responsabilità di tenersi. Il murale mette in scena la cosa più semplice e la più difficile: restare insieme. E lo fa senza retorica, con quella misura che attraversa tutta l’opera di Korban.
Un metodo: bozzetti, ascolto, scelta condivisa
Il murale non nasce d’impulso. Prima del cantiere, Korban riceve immagini e descrizioni del contesto; studia il rapporto con la facciata, con la luce, con la vita della strada; prepara quattro-cinque bozzetti. La curatela valuta, discute con l’artista, seleziona la soluzione più efficace per il luogo. Poi il tempo del muro: nove giorni di lavoro, ritmo costante, scelte cromatiche controllate, una regia tecnica essenziale e precisa. È la prova che la buona arte pubblica dipende dalla qualità del processo tanto quanto dal talento di chi dipinge.
Il quartiere come casa: accoglienza e logistica dal basso
Se quest’opera funziona è anche per come il quartiere l’ha adottata. Lo raccontano Ennio Ciotta e Daniele Guadalupi, direzione artistica del Collettivo ImmaginAbile: «Korban si è trovato benissimo qui a Brindisi. Ha stretto un legame autentico con il nostro team e con gli abitanti del quartiere, che si sono messi a disposizione in ogni modo. Non solo caffè e pranzi offerti spontaneamente, ma gesti concreti: il quartier generale del lavoro è stato il garage di un residente, Maurizio, che ha aperto le porte di casa per ospitare materiali e attrezzi. È stato un esempio di generosità che ci ha commosso tutti». È una frase che restituisce l’essenza del progetto: l’arte non arriva dall’alto, si costruisce per fiducia. E la fiducia, qui, è diventata organizzazione: un luogo per i materiali, mani per spostare le attrezzature, tempo regalato per far filare tutto.

ImmaginAbile e ARCA Nord Salento: una regia che unisce tecnica e comunità
Il modello che tiene insieme questa operazione è ormai evidente. ARCA Nord Salento garantisce la cornice infrastrutturale, la programmazione dei cantieri, la qualità dell’intervento sugli edifici. Il Collettivo ImmaginAbile orchestra la parte culturale e sociale: relazione con gli abitanti, dialogo con gli artisti, mediazione tra scala urbana e vita quotidiana. PA.ST.A – Paradiso Street Art è il contenitore che coniuga questi piani: a ogni parete corrisponde un rito civile, a ogni opera un pezzo di abitudine alla bellezza. È per questo che l’arrivo di Sasha Korban non somiglia a un evento calato dall’esterno: è un capitolo coerente di un percorso che cresce e si sedimenta.
L’artista: radici, misura, resilienza
Sasha Korban, originario di Kiev, porta nel gesto pittorico una disciplina che viene da lontano. È passato per il lavoro in miniera, ha scelto la strada come tela, ha affinato una lingua che mescola fotorealismo e una tensione narrativa tutta umana: volti, mani, legami. La guerra ha attraversato la sua vita e la sua arte; lui ha risposto continuando a dipingere, senza slogan, con la tenacia di chi sa che l’immagine può proteggere. Il murale dedicato alla piccola Milana a Mariupol, poi cancellato dalla distruzione della città, resta un punto di svolta: da quella ferita la sua poetica ha tratto una chiarezza nuova. A Brindisi questa maturità è visibile in ogni dettaglio: controllo della luce, pudore dell’emozione, forza silenziosa.
Un paradigma di rigenerazione urbana e sociale
Nel Paradiso, i lavori sugli edifici ERP hanno restituito sicurezza ed efficienza; i murales restituiscono identità e orgoglio. L’arte pubblica qui non è intrattenimento, ma infrastruttura morale: educa lo sguardo, lega le generazioni, costruisce racconti comuni. L’opera di Korban lo dimostra: il quartiere non è più il margine di una mappa, è un luogo che attira, che trattiene, che produce relazione. E lo fa con la cosa più semplice e rivoluzionaria: un abbraccio lungo diciotto metri.

L’arte come resistenza gentile
Per comprendere fino in fondo la forza di questo murale, bisogna guardare al percorso di Sasha Korban. Nato a Kiev nel 1987, ha vissuto fin da giovane la durezza del lavoro operaio. A soli diciannove anni è sceso nella miniera “Komsomolets Donbasu”, dove ha imparato il ritmo della fatica e la disciplina del silenzio. Nel buio dei tunnel, l’arte era una fuga mentale: un modo per immaginare la luce. È da quell’esperienza che nasce la sua visione, in bilico tra concretezza e sogno, tra il corpo e la memoria.
Quando lascia la miniera e si dedica alla street art, lo fa con l’umiltà di chi sa cosa significhi guadagnarsi ogni gesto. Non cerca la fama: cerca contatto. Dipinge sui muri delle città ucraine, racconta volti e storie comuni, restituisce dignità all’ordinario. Poi la guerra lo sorprende, lo obbliga a scegliere: fuggire o restare. Resta. E dipinge.
Milana e il dolore che diventa icona
La storia del suo murale a Mariupol, dedicato alla piccola Milana Abdurashytova, è la chiave per leggere tutta la sua poetica. La bambina aveva tre anni quando, nel 2015, un missile colpì il quartiere est della città. Sua madre la protesse con il corpo, morendo per salvarla. Milana sopravvisse, ma perse una gamba. Korban scelse di raccontarla, di trasformare quella storia privata in simbolo pubblico. Sulla parete, la bambina fluttuava sospesa, trattenuta da fili sottili: una metafora della fragilità e della forza, dell’infanzia che continua a esistere anche dopo la tragedia.
L’opera divenne un punto di riferimento per Mariupol, un segno di pietà e di resistenza. Quando, nel 2022, la città fu distrutta e il murale cancellato, non scomparve il suo significato. Era già entrato nella memoria collettiva. Da quel momento, ogni lavoro di Korban porta con sé quella perdita: una ferita che si fa linguaggio.

La poetica della luce e della cura
Nei suoi murales non ci sono grida né slogan. C’è una luce sottile, controllata, che nasce da dentro le figure. I soggetti sono quasi sempre persone comuni, ritratte in momenti di intimità, di sospensione, di attesa. L’arte di Korban è un atto di empatia: un modo per ridare forma al silenzio delle vite colpite dalla guerra, dalla povertà o dall’indifferenza.
Nel murale del Paradiso, questa poetica si condensa in una sintesi perfetta. L’abbraccio familiare non è solo un tema universale, ma anche una biografia visiva. È l’immagine di ciò che l’artista ha perso, ma anche di ciò che continua a cercare. È un autoritratto invisibile: lui, uomo solo in un paese in guerra, che affida all’arte la possibilità di sentirsi di nuovo parte di qualcosa.
Una tecnica al servizio dell’emozione
Guardando da vicino l’opera, si percepisce la precisione della mano e la coerenza dell’impianto pittorico. Korban lavora con una tavolozza sobria: toni caldi e neutri che costruiscono volumi reali, senza mai forzare il contrasto. Il suo fotorealismo non è virtuosismo tecnico, ma strumento narrativo. Ogni linea serve al sentimento. Il muro diventa pelle; la pittura, respiro.
È questa sobrietà a rendere il murale del Paradiso uno dei più maturi della sua carriera. Non cerca l’effetto scenico: conquista con la misura. È un’opera che non impone, accompagna. Che non urla, ma resta. E in questo restare trova la sua forza più grande.
Brindisi come tappa e come simbolo
Arrivare a Brindisi, per Sasha Korban, non è stato facile. Vivere e lavorare in Ucraina oggi significa affrontare difficoltà logistiche, rischi, permessi complessi. Il suo viaggio verso l’Italia è stato possibile grazie a una rete di cooperazione tra associazioni, istituzioni e privati cittadini. Ma è anche un segno: portare la voce di un artista ucraino in un quartiere popolare del Sud Italia è un modo concreto per ricordare che la solidarietà non è un concetto astratto. È una catena che attraversa i confini, unisce comunità diverse e le fa sentire parte dello stesso destino.
L’abbraccio del murale, dunque, non è solo quello dipinto. È anche quello che si è creato intorno all’artista: tra lui e gli abitanti, tra Brindisi e Kiev, tra la speranza e la fatica. È un abbraccio reale, che dura più della pittura stessa.

L’opera come processo sociale
Le parole di Ennio Ciotta e Daniele Guadalupi tornano a risuonare anche qui: l’arte non è solo ciò che resta sul muro, ma tutto ciò che accade intorno. Il garage di Maurizio, trasformato in magazzino e base operativa, è diventato simbolo di una comunità che partecipa. I caffè offerti, i pranzi condivisi, gli sguardi curiosi: gesti semplici che hanno dato forma a una piccola economia di fiducia. Questo è il punto più alto del progetto PA.ST.A: la creazione di un ecosistema umano in cui la bellezza è un bene condiviso, non un lusso.
Il Paradiso non si è limitato a ospitare un artista: ha accolto una storia, e l’ha fatta propria.
Il progetto PA.ST.A come modello di rigenerazione
Il murale di Sasha Korban si inserisce nel cuore del progetto PA.ST.A – Paradiso Street Art, promosso da ARCA Nord Salento in collaborazione con il Collettivo ImmaginAbile, 167bstreet e Arci Brindisi. Un’iniziativa che unisce infrastruttura e cultura, edilizia e partecipazione. Non un festival passeggero, ma un percorso organico che si muove su due piani: riqualificare gli edifici e rigenerare le relazioni.
Le palazzine di edilizia residenziale pubblica del Paradiso, oggetto di importanti lavori di efficientamento e risanamento, sono diventate superfici narrative, spazi di bellezza pubblica. L’arte non è un decoro sovrapposto al cemento: è un linguaggio capace di raccontare la vita reale dei quartieri, di far emergere le energie invisibili che li abitano.
In questo contesto, il murale di Korban rappresenta una tappa cruciale. È l’incontro tra una visione internazionale e una realtà locale, tra la mano di un artista abituato ai grandi spazi urbani e la trama minuta delle relazioni di vicinato. La scala dell’opera si accorda perfettamente al tono del quartiere: grande ma intima, potente ma gentile.


Il nuovo murale del quartiere Paradiso di Sasha Korban visto dall’alto mentre prende forma
ARCA Nord Salento e ImmaginAbile: la forza della continuità
Ciò che distingue PA.ST.A da altri progetti simili in Italia è la continuità nel tempo. ARCA Nord Salento, ente gestore degli alloggi, non si limita a concedere spazi: partecipa alla costruzione di una nuova identità urbana, investendo risorse e fiducia. Il Collettivo ImmaginAbile traduce questa visione in pratica culturale, costruendo ponti tra artisti e cittadini, tra professionisti e scuole, tra tecnica e emozione.
Il risultato è un laboratorio permanente di rigenerazione sociale. Ogni intervento artistico diventa un’occasione per incontrarsi, parlare, riconsiderare il proprio spazio di vita. Nel Paradiso, dove l’arte entra nei cortili e nei garage, anche un caffè offerto o una scala prestata diventano atti di cittadinanza attiva.
Non si tratta di fare arte “per” il quartiere, ma “con” il quartiere. E questa differenza cambia tutto.
L’impatto sul quartiere Paradiso
Oggi, attraversando le vie Egnazia e Della Torretta – tra le altre -, si respira qualcosa di diverso. I muri colorati spezzano la monotonia architettonica, ma soprattutto accendono un senso di appartenenza nuovo. Le persone si fermano, parlano dell’opera, la riconoscono come propria. Alcuni la fotografano, altri si offrono di aiutare nei prossimi progetti. Il linguaggio dell’arte si è trasformato in linguaggio quotidiano.
Per i più giovani, è anche un’occasione di educazione visiva: scoprire che un palazzo può essere bello, che un artista può venire da lontano e raccontare qualcosa che riguarda anche loro. È un processo lento ma potente, che costruisce fiducia nel tempo. Come ogni vera trasformazione, non si misura in metri quadrati dipinti, ma in sguardi che cambiano direzione.
Un ponte tra Brindisi e il mondo
Brindisi, grazie a PA.ST.A, si inserisce nel circuito della street art internazionale. Dopo Airola, Istanbul, Kutaisi, San Paolo, anche la città adriatica entra nella geografia dell’arte pubblica di Sasha Korban. Ma qui l’internazionalità non è un trofeo, è un segno di apertura. Il fatto che un artista ucraino, oggi costretto a vivere e lavorare in un paese in guerra, venga accolto in un quartiere popolare del Sud Italia è di per sé un atto politico e culturale. Un modo per dire che la solidarietà passa anche da un pennello, che la pace si costruisce anche sui muri.

Il tempo dell’arte, il tempo della comunità
Ci sono opere che si guardano e opere che si vivono. Il murale del Paradiso appartiene alla seconda categoria. È stato un evento di quartiere, un’esperienza collettiva, un laboratorio di convivenza. E continuerà a esserlo, perché ogni giorno qualcuno si fermerà sotto quel muro e ci leggerà dentro qualcosa di sé.
L’abbraccio dipinto da Sasha Korban non è una scena, è un rito. È la rappresentazione più semplice e più universale del bisogno umano di sentirsi al sicuro. In un quartiere che per anni ha lottato contro l’emarginazione e lo stigma, questa immagine diventa una dichiarazione di esistenza: siamo qui, insieme, e siamo parte di qualcosa di bello.
Brindisi e la nuova geografia della bellezza pubblica
Il successo del progetto PA.ST.A dimostra che la bellezza non è un lusso per pochi, ma un diritto collettivo. Dove l’arte incontra la pianificazione urbana, nascono modelli capaci di cambiare la percezione di interi territori. Brindisi oggi è un laboratorio osservato da altre città, un esempio di come le periferie possano diventare motore culturale invece che margine.
Le amministrazioni che investono in arte pubblica, e lo fanno con la qualità di ARCA Nord Salento e ImmaginAbile, costruiscono futuro. Non solo perché migliorano i luoghi, ma perché restituiscono alle persone il senso di appartenenza. Ogni muro dipinto al Paradiso è un pezzo di biografia collettiva.









Un abbraccio che resterà nel tempo
Quando i ponteggi sono stati rimossi, la parete ha cominciato a respirare. Di notte i fari ne esaltano la delicatezza; di giorno la luce naturale cambia il tono della scena, come se il tempo stesso partecipasse al racconto. Sasha Korban è ripartito, ma ha lasciato più di un murale: ha lasciato una lezione di umanità.
Il suo abbraccio lungo diciotto metri è un gesto che sintetizza tutto: la forza dell’arte, la generosità del quartiere, la capacità di Brindisi di trasformare la cura in visione. Non è solo un dipinto: è una soglia tra ciò che eravamo e ciò che possiamo diventare.
Nel Paradiso, oggi, la bellezza non è più un sogno. È un fatto.




