Presentato a Cernobbio il Position Paper: 168 data center in Italia, Milano hub europeo, crescita del PIL e -5,7 milioni di tonnellate di CO₂
di Antonio Portolano
CERNOBBIO – La crescita esponenziale della domanda di dati spinge l’Italia a ripensare il ruolo dei data center: da strutture energivore a motori di sostenibilità e sviluppo economico. Nei giorni scorsi a Cernobbio sono stati presentati i risultati del Position Paper “L’Italia dei data center. Energia, efficienza, sostenibilità per la transizione digitale”, realizzato da TEHA Group in collaborazione con A2A.

L’esplosione di cloud, Intelligenza Artificiale (AI) e Internet of Things (IoT) sta trasformando i data center in colonne portanti dell’economia digitale. Il fabbisogno di potenza di calcolo e di archiviazione cresce a ritmi impetuosi: nel 2005 solo il 15,6% della popolazione mondiale era connesso a Internet, mentre nel 2024 la quota ha raggiunto il 67,6%, pari a oltre 4 miliardi di nuovi utenti.

A livello globale si contano oggi 10.332 data center, di cui più di 2.200 in Europa. L’Italia, con 168 strutture e una potenza installata di 513 MW, si colloca al 13° posto nel mondo. La Lombardia emerge come nuovo polo strategico, con Milano che concentra il 46% della capacità nazionale (238 MW), superando hub consolidati come Madrid e Zurigo.

Le proiezioni delineano un futuro di forte espansione. Entro il 2035 i consumi energetici dei data center, che nel 2024 rappresentavano l’1% del totale mondiale, potrebbero quadruplicare fino a 1.600 TWh, circa il 4% dei consumi globali. In Italia, la potenza installata potrebbe raggiungere i 2,3 GW nello scenario tendenziale e fino a 4,6 GW nello scenario full potential, con una domanda elettrica pari al 7–13% del totale nazionale.

Un cambio di passo appare quindi imprescindibile: i data center, tradizionalmente percepiti come grandi consumatori di energia, devono evolvere per diventare alleati della transizione ecologica, contribuendo alla decarbonizzazione delle città e alla crescita economica del Paese.

Analisi di contesto e ricadute economiche
Lo studio di TEHA Group e A2A colloca i data center al centro della Data Economy, un settore che nel 2024 ha generato per l’Italia 60,6 miliardi di euro, pari al 2,8% del PIL nazionale. Le prospettive sono ambiziose: al 2030 il valore della Data Economy potrà superare i 200 miliardi di euro, sostenuto dal triplicarsi dei dispositivi IoT e della domanda di servizi cloud, con un traffico dati più che raddoppiato.

Tra febbraio e agosto 2025 sono state presentate 67 richieste di connessione alla rete elettrica nazionale per una capacità totale di 15 GW, un dato del 60% superiore rispetto a tutte le richieste del quinquennio 2019–2023 (9,1 GW).

Il documento evidenzia inoltre i limiti dei principali hub europei – Francoforte, Londra, Amsterdam, Parigi e Dublino – che iniziano a mostrare segnali di saturazione legati a vincoli energetici, infrastrutturali e urbanistici. Questo scenario aumenta l’attrattività dell’Italia, e in particolare di Milano, come nuova destinazione per gli investimenti.

Dal lato normativo, l’Unione Europea ha definito Key Performance Indicators (KPI) per la sostenibilità dei data center, di cui il 75% è legato all’efficienza energetica. Ciò rende la pianificazione strategica un fattore cruciale per evitare sviluppi disordinati e garantire un equilibrio tra crescita digitale e sostenibilità ambientale.

Le voci dei protagonisti
Roberto Tasca, presidente di A2A ha commentato: «I data center stanno diventando infrastrutture strategiche fondamentali, pilastri della nuova società digitale indispensabili per garantire i nostri gesti quotidiani. Se accompagnati da una visione chiara e una responsabilità comune, possono diventare motori di sviluppo economico e contribuire alla sostenibilità. Nel 2024 sono stati censiti oltre 10 mila data center a livello mondiale, di cui più di 2.200 in Europa e 168 in Italia, con Milano e la Lombardia che si posizionano tra le aree emergenti a livello europeo. Oggi oltre la metà delle richieste di connessione alla rete elettrica nazionale risulta concentrata in questa regione. Per questo A2A può contribuire con le sue infrastrutture e il suo know how alla crescita equilibrata di questi hub digitali. Integrare rinnovabili, efficienza e modelli circolari vuol dire trasformare una necessità tecnologica in un’opportunità sociale, economica e ambientale. Governare con lungimiranza questa transizione significa rendere le città più green e garantire che la digitalizzazione diventi una risorsa condivisa e non un’ipoteca sul futuro delle nuove generazioni».

«I numeri individuati dal report indicano che lo sviluppo dei data center in Italia potrebbe contribuire alla crescita del PIL nazionale al 2035 del 6% – con la creazione di 77 mila posti di lavoro – fino ad arrivare, in uno scenario full potential, al 15% con 150 mila nuovi occupati. Si tratta di un’occasione unica per un Paese che vuole rafforzare la propria competitività digitale ed economica – ha aggiunto Renato Mazzoncini, amministratore delegato di A2A -. Queste infrastrutture impatteranno considerevolmente sulla richiesta di energia ma, grazie alle nuove centrali termoelettriche a ciclo combinato di ultima generazione realizzate per garantire stabilità alla rete e alla forte crescita delle rinnovabili, il mix energetico italiano è già oggi in grado di sostenere la produzione necessaria. La vera svolta è però che questi hub digitali, se ben integrati, possono anche dare un valido contributo alla decarbonizzazione delle città: recuperando il calore generato è possibile fornire energia termica a oltre 800mila famiglie grazie alle reti di teleriscaldamento, come già facciamo a Brescia e come presto faremo a Milano. Vogliamo contribuire a creare un modello di innovazione e sostenibilità, attraverso una simbiosi mutualistica tra i player che sviluppano data center e gli operatori del nostro ambito industriale per vincere la sfida del digitale, ormai inarrestabile».

Lorenzo Tavazzi, senior partner e board member di TEHA Group: «Lo sviluppo dei data center rappresenta una leva fondamentale per la crescita economica dell’Italia. Nel 2024, la Data Economy ha generato per il Paese un valore di 60,6 miliardi di euro, pari al 2,8% del PIL nazionale. Nei prossimi 10 anni, nel nostro Paese, il numero di dispositivi IoT e la domanda di servizi cloud sono attesi triplicare, mentre il traffico dati più che raddoppierà. Con queste dinamiche e in ipotesi di allineamento dell’Italia ai livelli dei Paesi più avanzati nel mondo nell’ecosistema digitale, il valore della Data Economy potrà superare i 200 miliardi di euro al 2030. I data center sono infrastrutture abilitanti per la crescita digitale. L’Unione Europea, dopo gli Stati Uniti, sono l’area che ne ospita di più e l’Italia si conferma tra le destinazioni più interessanti per le nuove localizzazioni di queste infrastrutture: solo tra febbraio e agosto di quest’anno sono state presentate 67 richieste di connessione per una capacità totale di 15 GW, un valore del 60% superiore alla capacità delle richieste presentate nel quinquennio 2019-2023 (9,1GW). Gli scenari di sviluppo che abbiamo elaborato nello studio indicano che la potenza energetica nominale dei datacenter potrà crescere di quasi 9 volte. Per garantire uno sviluppo sistemico dei datacenter, garantendo il pieno dispiegamento del loro valore per il Paese, è indispensabile una pianificazione strategica integrata che eviti il rischio di replicare modelli di crescita incontrollata con criticità energetiche e infrastrutturali».

Milano e Lombardia: un hub in ascesa
La Lombardia si conferma il cuore pulsante del settore dei data center in Italia. Con una concentrazione del 46% della potenza installata nazionale – pari a 238 MW su un totale di 513 MW – Milano è oggi la città italiana con il più alto peso specifico, tanto da superare poli europei tradizionalmente consolidati come Madrid e Zurigo.

Questo primato non è casuale: la regione concentra oltre la metà delle richieste di connessione alla rete elettrica nazionale per nuovi hub digitali, segnale evidente di un interesse crescente da parte degli investitori internazionali. In un contesto europeo in cui città come Francoforte, Londra, Amsterdam, Parigi e Dublino mostrano segni di saturazione in termini di spazi disponibili, vincoli urbanistici e limiti infrastrutturali, l’Italia – e in particolare Milano – appare oggi come una destinazione strategica per la costruzione di nuove infrastrutture digitali.

La trasformazione del capoluogo lombardo in un hub di riferimento non è soltanto una questione di connettività, ma rappresenta un volano economico per l’intero Paese. Le prospettive al 2035 parlano di una capacità che potrebbe arrivare a 4,6 GW nello scenario più espansivo, rafforzando la posizione dell’Italia nella mappa globale dei dati.

Le quattro leve strategiche di efficienza
Il Position Paper individua quattro direttrici di sviluppo in grado di coniugare innovazione digitale e transizione ecologica, trasformando i data center da centri ad alto consumo energetico a hub sostenibili e integrati nei territori.

Recupero di calore e teleriscaldamento
Gli hub digitali producono enormi quantità di calore, che oggi vanno in gran parte dispersi. Collegandoli alle reti di teleriscaldamento, sarebbe possibile recuperare 9,5 TWh di energia termica ogni anno, sufficienti ad alimentare oltre 800.000 famiglie. In termini ambientali, significherebbe evitare 2 milioni di tonnellate di CO₂ l’anno, pari a oltre il 5% delle emissioni dei consumi residenziali italiani.

Aree brownfield
Il riutilizzo di circa 3,7 milioni di metri quadrati di aree dismesse presenti nel Paese – di cui il 16% già collegati in media e alta tensione – rappresenta un’occasione per rigenerare spazi urbani, limitare il consumo di nuovo suolo e accelerare i tempi di connessione delle nuove infrastrutture. Secondo lo studio, questa scelta permetterebbe di sviluppare impianti per 600 MW di potenza IT, equivalenti a una superficie occupata da 50.000 alberi.

Power Purchase Agreements (PPA)
I contratti di lungo termine per l’acquisto di energia da fonti rinnovabili potrebbero garantire fino al 74% del fabbisogno dei data center con elettricità sostenibile e prevedibile. In questo scenario, la riduzione delle emissioni sarebbe pari a 3,7 milioni di tonnellate di CO₂ l’anno, oltre a stimolare nuovi investimenti nel settore delle rinnovabili.

Valorizzazione dei RAEE
I data center italiani genereranno annualmente oltre 147.000 tonnellate di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), di cui circa 74.000 tonnellate riciclabili. Una filiera nazionale di recupero e riciclo permetterebbe di rafforzare la sicurezza degli approvvigionamenti di materie prime critiche e di generare un valore economico annuo stimato in 133 milioni di euro.

Combinando queste leve, lo scenario “full potential” delineato da TEHA Group e A2A stima benefici per 1,7 miliardi di euro l’anno e una riduzione complessiva di 5,7 milioni di tonnellate di CO₂, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi climatici fissati dall’Unione Europea.
Dalla teoria alle applicazioni: Brescia e Milano
Il Position Paper non si limita a scenari futuri, ma porta esempi concreti di come i data center possano già oggi diventare parte attiva della transizione ecologica. Due casi emblematici emergono con forza: Brescia e Milano.
A Brescia, presso la centrale Lamarmora del gruppo A2A, è stato inaugurato nel giugno 2025 il data center Qarnot, il primo in Italia a utilizzare un modello di teleriscaldamento 4.0. L’impianto non si limita a consumare energia elettrica: il calore generato dai server viene recuperato e immesso nella rete di riscaldamento urbano, garantendo comfort termico a 1.350 appartamenti. Il risultato è duplice: riduzione dei consumi energetici complessivi e beneficio ambientale grazie al taglio delle emissioni di CO₂.

Il caso di Milano rappresenta la naturale evoluzione di questo modello. Dal 2026 il nuovo progetto “Avalon 3” consentirà di immettere nella rete di teleriscaldamento oltre 15 GWh di energia termica l’anno, pari al fabbisogno di migliaia di famiglie. In questo modo, il capoluogo lombardo non solo rafforza il suo ruolo di hub digitale europeo, ma diventa anche un laboratorio avanzato di simbiosi energetica, in cui l’infrastruttura digitale sostiene in modo diretto la sostenibilità urbana.
Queste esperienze dimostrano come l’Italia sia già in grado di trasformare i vincoli energetici in opportunità, anticipando scenari in cui i data center non saranno più solo centri di consumo, ma fonti di energia e innovazione al servizio delle comunità locali.

Infrastrutture, Mix elettrico e stabilità di rete
La crescita prevista dei data center non è soltanto una questione di volumi digitali, ma anche di sostenibilità del sistema elettrico. Secondo il Position Paper di TEHA Group e A2A, entro il 2035 la domanda di energia dei data center italiani potrebbe pesare tra il 7% e il 13% dei consumi totali nazionali.

Questo incremento non rappresenta però una minaccia, se affrontato con un’adeguata pianificazione energetica. Il rapporto evidenzia infatti come l’Italia disponga di una capacità produttiva solida: le nuove centrali termoelettriche a ciclo combinato di ultima generazione, progettate per garantire la stabilità della rete, unite alla crescita delle fonti rinnovabili, permettono di sostenere l’espansione senza compromettere l’equilibrio del sistema.

La chiave, secondo lo studio, è la coordinazione tra operatori energetici e digitali. Un approccio frammentato rischierebbe di generare colli di bottiglia infrastrutturali e pressioni eccessive sul sistema elettrico. Al contrario, un modello integrato può trasformare la sfida in un’occasione di sviluppo industriale e ambientale.
Verso una regia unitaria: pianificazione e governance
Uno dei messaggi centrali del documento è l’urgenza di una regia strategica nazionale. La crescita degli hub digitali deve essere governata per garantire sostenibilità, efficienza e resilienza.
Il rapporto sottolinea che l’Italia ha bisogno di un approccio ordinato e pianificato alla localizzazione dei nuovi data center. Questo implica coordinare la disponibilità di aree adatte, le connessioni alla rete elettrica, la possibilità di integrare il recupero del calore con il teleriscaldamento, l’uso dei Power Purchase Agreements per garantire energia da fonti rinnovabili e la creazione di una solida filiera di recupero dei RAEE.
In questo scenario, il settore non solo potrà crescere senza replicare i modelli di espansione incontrollata osservati in altri Paesi europei, ma potrà anche fungere da catalizzatore per un nuovo sviluppo industriale, rafforzando la competitività del Paese e la sua autonomia energetica.

Impatti attesi su città, imprese e lavoro
L’adozione delle quattro leve strategiche individuate da TEHA Group e A2A comporterebbe benefici significativi non solo sul fronte ambientale, ma anche su quello economico e occupazionale.
Lo scenario “full potential” prevede un contributo alla crescita del PIL nazionale del 15% entro il 2035, con la creazione di fino a 150.000 posti di lavoro qualificati. In uno scenario tendenziale, l’impatto sarebbe comunque rilevante: un incremento del 6% del PIL e 77.000 nuovi occupati.
Dal punto di vista energetico e ambientale, i data center potrebbero ridurre i consumi delle famiglie, sostituendo l’uso di combustibili fossili grazie al recupero di calore. L’energia termica immessa nelle reti urbane coprirebbe il fabbisogno di centinaia di migliaia di abitazioni, con un risparmio di 5,7 milioni di tonnellate di CO₂ l’anno.
Non si tratta solo di numeri: il modello proposto punta a rafforzare la sicurezza degli approvvigionamenti, a stimolare investimenti nelle rinnovabili e a promuovere nuove filiere produttive legate al riciclo dei materiali tecnologici. In questo senso, i data center diventano un asset strategico nazionale, con impatti positivi a cascata su imprese, territori e cittadini.

Una strategia per la competitività
Il Position Paper di TEHA Group e A2A delinea un futuro in cui i data center non sono più semplici infrastrutture di supporto, ma snodi centrali per la crescita economica e la sostenibilità energetica. La sfida, come sottolineano i protagonisti, non è solo garantire più potenza e capacità di calcolo, ma farlo in modo ordinato, efficiente e integrato con le politiche energetiche e ambientali.
L’Italia, forte della sua posizione geografica e della leadership lombarda, ha la possibilità di diventare un punto di riferimento europeo per l’economia dei dati. Con oltre 200 miliardi di valore potenziale entro il 2030, fino a 150.000 nuovi posti di lavoro e un contributo aggiuntivo di 55 miliardi al PIL nazionale, la posta in gioco è altissima.

Il messaggio è chiaro: i data center non devono essere visti come un vincolo, ma come una leva per la modernizzazione del Paese, capaci di alimentare le città, ridurre le emissioni, attrarre investimenti e consolidare nuove filiere tecnologiche. Una prospettiva che, se governata con visione strategica, può trasformare l’Italia in uno degli hub digitali e sostenibili più rilevanti d’Europa.