«Outfit» di Cosimo Epicoco al Chiostro dei Domenicani

Dal 25 agosto al 12 settembre 2025 al Chiostro dei Domenicani «Outfit» presenta 18 opere di Cosimo Epicoco. Presentazione di Angelo Mellone

di Antonio Portolano

CEGLIE MESSAPICA (BRINDISI) – «Outfit è il mio modo di indossare la disperazione». È un varco. Una presa di posizione che non concede schermi. Cosimo Epicoco apre così la sua nuova personale nel Chiostro dei Domenicani di Ceglie Messapica: 18 opere, rosso in primo piano, corpo in tensione, identità che si ricompone mentre brucia. La mostra non chiede consenso; chiede presenza. Chiede di vestire, insieme all’artista, la materia viva dell’emozione.

Il rosso come scelta

Il rosso non è un accento: è un ambiente. Spinge avanti il piano dell’immagine, occupa lo spazio, chiama in causa il corpo di chi guarda. È sangue e allarme, carne e segnale, urgenza e residuo. Qui non seduce: espone. Senza retorica. È una lingua che non consente arretramenti, che impone la frontalità. La superficie diventa calda, il margine si fa poroso, la visione si addensa. In Outfit il rosso è responsabilità: non un codice, ma una presenza che arriva a pelle. Outfit unisce Out («fuori») e Fit («misura», «aderenza»). Out è l’atto di portare fuori ciò che preme: emozione, trauma, verità. Fit è la forma che lo contiene senza addomesticarlo, l’abito che «tiene». In Outfit di Cosimo Epicoco, il rosso è questo abito: porta fuori e dà misura, non nasconde ma dichiara.

Indossare la disperazione

Indossare è un rito. Significa accogliere un peso e farlo proprio. «È il mio modo di indossare la disperazione». L’abito non copre, definisce. L’“outfit” di Epicoco non addolcisce il trauma: lo rende visibile. La pittura funziona come una vestizione radicale. Si entra nella tela e se ne esce segnati. Anche lo sguardo è chiamato a portare qualcosa: la densità del colore, il battito del gesto, la verità della materia.

Biografia e poetica di Epicoco

La poetica vale più del curriculum quando il lavoro è una necessità. Cosimo Epicoco la dichiara senza ambiguità: «Credo che laddove l’abbandono e l’indifferenza diventano le prerogative dell’esistere, la volontà di esprimersi sia l’unica soluzione di sopravvivenza, nella stessa misura del lasciarsi morire senza neanche una propria identità. La voglia di esternare un disagio, una repressione culturale hanno indotto le mie scelte nel coraggioso tentativo di viverle e raffigurarle. In quei luoghi privi di necessità intellettuali, pieni di prepotenze politiche e sociali nasce la mia grande voglia di giocare la vita con gli strumenti che fin da piccolo hanno segnato e disegnato i miei sogni. In tutte quelle periferie dove l’indifferenza e la prepotenza saranno costanti mezzi di repressione ci sarà sempre un piccolo pezzo di gesso che segnerà di bianco il nero dell’asfalto».

Queste parole non accompagnano la mostra: la fondano. Dicono da dove nasce la spinta a fare pittura: un’urgenza di sopravvivenza, una chiamata a testimoniare contro gli automatismi dell’indifferenza. Nel pezzo di gesso che segna di bianco il nero dell’asfalto c’è l’emblema di una didattica elementare della resistenza: tracciare, segnare, affermare l’esserci. Outfit traduce questo gesto nella lingua adulta del colore: superficie come campo di tensione, stesura come scelta etica, ripetizione del segno come resistenza.

Formazione e primi anni

Nato a Ceglie Messapica nel 1967, Epicoco si forma all’Istituto d’Arte di Grottaglie e all’Accademia di Belle Arti di Lecce; espone dal 1992. Questi dati non sono cornici: spiegano la tenuta del mestiere, la disciplina del laboratorio, la continuità della ricerca che culmina oggi in Outfit.

Mostre e cicli (selezione)

Un percorso coerente attraversa anni e luoghi: «Limite secolo» (1997, Brindisi); «Limite secolo» (1998, Capolinea Cafè, Ceglie Messapica); «Traslazioni» (1999, Museo dell’Infiorata, Genzano; 1999, CASC Banca d’Italia, Roma); «Transfert» (1999, COCA – Centre of Contemporary Art, Christchurch, Nuova Zelanda); «Distanze» (2001, Brindisi); «Cloni» (2005, Arte Fuori Centro, Roma); «Redpages» (2013, Chiostro del Bramante, Roma); «Pale d’altare – Site Specific» (2013, MAP – Museo dell’Arte Presente, Brindisi). Una linea di continuità che dall’indagine materica e informale degli esordi porta all’attuale lessico corporeo e responsabile del colore.

Metodo e costruzione dell’immagine

La pittura procede per stratificazioni. Stendere, rimuovere, riprendere. Il quadro è un cantiere in cui il materiale fa resistenza e detta il ritmo. La forma non illustra un’idea; constata una tenuta. È un inventario di prove: quanto regge una campitura, quando cede un bordo, dove una trasparenza apre una falla di luce. Il rosso conduce come asse portante; attorno, densità e screpolature generano soglie. Non c’è decorazione: c’è decisione. La materia risponde a pressioni e soste; i pieni comprimono l’aria, i vuoti la rilasciano. Lo spazio, a tratti, pare chiuso, come una stanza a temperatura alta; altrove si apre uno sfalsamento, un minimo di respiro. La mano alterna impulso e controllo. Il gesto conserva scarti, non li cancella: la superficie racconta il tempo del lavoro, la durata dell’insistenza, l’esattezza di un ripensamento. È questo ritmo a rendere Outfit un corpo vivo, più che un insieme di immagini.

Il dialogo con il chiostro

Il Chiostro dei Domenicani non è sfondo. È interlocutore. Passo, ripetizione, eco. La serialità di alcuni moduli, l’insistenza del rosso, la nettezza dei tagli costruiscono un contrappunto con l’architettura. La pietra fredda amplifica il calore della superficie. I portici ordinano la tensione del gesto. La visita diventa una partitura: movimento lento, luce che gira, colore che torna e si impone. Qui l’arte non occupa lo spazio: lo attiva. Il chiostro regala una misura; la pittura la accetta e la rilancia. Il risultato è un dialogo che valorizza entrambi: il luogo diventa camera di risonanza; le opere, strumenti di una presenza che chiede ascolto.

Perchè Outfit ora?

Il presente chiede forme capaci di reggere l’urto. Outfit risponde con una parola presa dal quotidiano e ribaltata in chiave etica. L’outfit non è stile, è scelta. In un tempo di immagini veloci, la pittura di Cosimo Epicoco impone attenzione intera: invita a rallentare, a misurare il peso della superficie, a riconoscere nel rosso non un effetto, ma uno stato. È un invito civile. Non cerca la scorciatoia dell’emozione facile; pretende un patto di presenza. Le 18 opere costruiscono un percorso di prove: ogni tela verifica una soglia, ogni soglia dichiara un residuo di verità. Qui la materia non illustra il mondo, lo tiene.

C’è anche un contesto territoriale. Il Chiostro dei Domenicani è luogo identitario, memoria condivisa. Accogliere Outfit significa trasformare la visita in relazione: tra cittadini e spazio pubblico, tra storia e lingua contemporanea, tra sensibilità individuale e sguardo collettivo. La mostra genera una piccola economia dell’attenzione: richiama pubblici diversi, attiva professioni, intreccia cammini. Ogni passaggio davanti alle opere è un atto di responsabilità verso il tempo e verso la comunità.

Dentro il più ampio percorso dell’artista, Outfit segna una maturità: dopo le stagioni dei cicli e delle serie (dalle Traslazioni ai Cloni, da Redpages a Pale d’altare – Site Specific), la sintassi si concentra su un lessico corporeo essenziale. Meno orpelli, più temperatura. Meno compiacimento, più decisione. La pittura, qui, è un campo di forze in cui tutto ciò che non serve cade, e ciò che resta diventa segno necessario.

Esperienza di vista

La visita non è una sequenza di immagini, è un corpo a corpo con il colore. L’architettura detta il passo: si entra, si attraversa, si sosta. La luce gira, il rosso cambia timbro, i bordi si fanno più o meno permeabili. Il chiostro respira, le opere rispondono. Non c’è narrazione lineare: c’è una partitura di intensità. Si sta davanti, frontalmente, e si lascia che il quadro imponga la distanza. A volte la superficie chiude, altre apre un varco. Il tempo necessario è intero: anche breve, ma indiviso. Alla fine, la temperatura del corpo è un poco diversa. È il segno che l’outfit ha aderito.

Questa esperienza non si esaurisce nel vedere. Chiede di ascoltare la materia, di riconoscere nelle stratificazioni il tempo del lavoro: stesure, rimozioni, riprese. Ogni ripensamento resta in superficie come traccia di verità. L’occhio registra, la memoria trattiene. L’immagine non “piace”: accade. È una differenza che si avverte uscendo, quando le parole sembrano insufficienti e il corpo, invece, ricorda.

Un lessico di contatto

Il titolo in inglese è un ponte. L’outfit dell’artista non è moda, è identità in atto. La pittura diventa pelle: protegge, espone, ricorda. Il rosso è la sua grammatica primaria. Non promette salvezza, ma presenza. È un colore che, in pittura, avanza: toglie profondità fittizia, riduce la distanza, chiede una decisione. Qui lavora come sutura tra interno ed esterno: trattiene la pressione dell’intimo e la rende leggibile senza dissiparla. L’effetto è una lingua corporea che preferisce la frizione al consenso, l’attrito alla ricetta.

Nel bordo si consuma la scelta. Non è un contorno, è un verdetto. Dice sin dove il gesto regge, dove la campitura si spezza, come una cicatrice che non nasconde ma definisce. Nei pieni c’è un accumulo di calore; nei vuoti una sospensione. L’alternanza costruisce ritmo, e il ritmo orienta il senso. È un lessico di contatto, appunto: le opere cercano la pelle di chi guarda, non il suo assenso.

Chi è Angelo Mellone

La presentazione è affidata a Angelo Mellone giornalista, scrittore e vicedirettore di Rai1. Editorialista e inviato di politica, cultura e costume per quotidiani nazionali, è autore e conduttore di programmi radiofonici e televisivi. Nel maggio 2023 è stato nominato direttore della Direzione Intrattenimento Day Time della Rai, dove lavora come dirigente dal 2010. La sua voce, dentro Outfit, mette a fuoco la radice civile del lavoro: non l’effetto, ma l’ascolto; non la posa, ma la prova.

Informazioni utili sulla mostra

OUTFIT, mostra personale di pittura di Cosimo Epicoco, è allestita nel Chiostro dei Domenicani. Via G. Elia, 1 a Ceglie Messapica (Brindisi). Il percorso presenta 18 opere. Apertura: 25 agosto – 12 settembre 2025. Inaugurazione: lunedì 25 agosto, ore 20, con presentazione di Angelo Mellone. Per orari di visita e modalità di fruizione, riferimento all’accoglienza del Chiostro dei Domenicani per l’intero periodo espositivo.

Outfit è una dichiarazione

Qui la pittura non consola, tiene. Non veste, rivela. Cosimo Epicoco ribadisce che il quadro può ancora essere una necessità: una forma di verità che si offre senza garanzie e chiede in cambio presenza. Angelo Mellone ne incornicia la portata civile, il Chiostro dei Domenicani la amplifica. Resta un compito semplice e radicale: entrare, sostare, indossare. E uscire con una luce diversa addosso.